Con questo nome si indica l’interruzione della maternità, che può avvenire per cause naturali oppure essere provocata volontariamente.
Se volontario, l’aborto diviene un problema morale.
Secondo la morale, l’aborto volontario va contro il quinto comandamento ed è da considerarsi colpa grave, come il suicidio, l’omicidio, l’eutanasia e ogni forma di violenza contro la vita, esclusa la legittima difesa.
La condanna decisa della pratica abortiva deriva dal fatto che la vita sboccia nel momento del concepimento. L’ovulo fecondato è già persona che gode, come primo e indiscutibile diritto, del diritto alla vita. Non trovano fondamento morale e giustificazione scientifica le teorie secondo le quali si può parlare di essere umano solo dall’inizio della formazione della corteccia cerebrale (14° giorno) o dal momento in cui l’embrione può differenziarsi in due o più gemelli (due settimane circa). Assurda è anche la convinzione che si possa parlare di persona umana dalla nascita della coscienza e dall’inserimento del neonato nella società. Dal concepimento alla nascita, e dalla nascita alla morte, c’è una sicura continuità biologica, determinata dal corredo cromosomico della persona, che costituisce il suo patrimonio genetico, e fa essere il concepito “quella” persona e nessun altra.
Non appaiono moralmente giuste neppure le leggi, introdotte in molte nazioni, che permettono di procurare l’aborto entro un determinato tempo dalla fecondazione. La legge civile non può andare contro un diritto stabilito dalla legge morale naturale.
L’aborto è, dunque, un atto grave, perché contro la vita, e ancora più grave perché compiuto su un innocente che non può difendersi in alcun modo.
Di fronte alla diffusione di una mentalità abortista e alla pratica dell’aborto, la Chiesa chiama i Cristiani a promuovere la vita in ogni sua forma, impegnandosi concretamente perché ogni bambino che viene alla luce trovi condizioni di vita dignitose e degne della propria umanità.
Oltre all’opera del Papa, dei Vescovi, dei sacerdoti, nel loro magistero e nel loro impegno quotidiano, e di tanti laici, molti sono i centri di accoglienza alla vita, promossi dalle associazioni cattoliche, che si impegnano nell'aiutare le madri e le famiglie in difficoltà, con l’intento di prevenire l’aborto. Anche una persona che ha donato tutta la propria vita a servizio dei poveri e dei derelitti, come Madre Teresa di Calcutta, ha sempre condannato l’aborto con queste parole:
- L'aborto distrugge l'amore, distrugge la sua presenza, distrugge la coscienza della madre.
Se nel vostro paese permettete l'aborto allora diventate un paese molto povero.
Tanto povero da aver paura dei bambini.
Quando decidete che il bambino deve morire, vi dimostrate paurosi di fronte al bambino non nato.
Ogni anno, infine, la prima Domenica di Febbraio è, per la Chiesa italiana, la “Giornata per la vita”, dedicata alla riflessione sul dono della vita e alla preghiera per essa.
Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita: missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l’infanticidio sono abominevoli delitti. (Conc. Vat.II, Gaudium et spes, 51 c)
I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare... il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte. Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l’uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. (Congregazione per la Dottrina della Fede, Donum vitae, III) |